Giovedì, 23 Gennaio 2025

                                                                                                                                                                             

 

                                                                                                                                                                                                          

I Incontri contemporanei

I NUOVI LINGUAGGI DELLE ANTICHE ARTI

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In questi ultimi anni le situazioni geo politiche da un lato, le nuove richieste del Mercato, hanno sottolineato il nascere e il radicarsi di una diversa e maggiore sensibilità verso un consapevole approccio del consumatore al settore Tessile e Moda.

Tale nuova sensibilità è senza dubbio specchio dei cambiamenti sociali in atto, ma anche segno di una nuova visione etica ed estetica. In fondo l’etica ha sempre forgiato l’estetica sociale dei contemporanei, e ad un cambiamento sociale è sempre corrisposto un cambio nella visione estetica della realtà.

L’Arte d’altronde ne ha sempre espresso, e spesso anticipato, le dinamiche. Per questi motivi ho ritenuto necessario allargare, in questo breve articolo, le argomentazioni proprie del mondo dell’Arte e dell’estetica.

Siamo al centro di una grande trasformazione sociale mondiale, che si sta evidenziando in alcuni Paesi in maniera più conflittuale, in altri meno, così come spesso tali fenomeni sono vissuti in maniera consapevole, in altri meno.

L’Occidente, così come l’Oriente, rivendicano entrambi diverse visioni, diverse priorità, e queste si esprimono anche attraverso codici estetici e formali diversi. E come spesso è accaduto in passato, tutto ciò passa anche attraverso il ‘linguaggio’ della Moda.

In maniera sottile, e silenziosa, i nuovi Mercati definiscono i nuovi confini geo-politici, e la società ipotizzata ed analizzata da Z. Bauman, prende vita sotto i nostri occhi. Molti colossi politici del passato sono finiti, altri tremano al vento della Storia, pochi ancora reggono.

La Moda non è più ‘effimera’, ma è, appunto, arbitro e portavoce delle varie visioni estetiche, e anche etiche. L’artista, il designer, lo stilista, non sono più solo portatori della propria sensibilità e cifra estetica, ma testimoni attivi dei processi storici in atto.Tutti i codici della comunicazione sono impegnati ed utilizzati, il processo comunicativo è insieme espressione e motore del cambiamento. E tutto vive in una dimensione estrema che continuamenteesprime e reinterpreta sé stessa, in una sorta di compulsione dei linguaggi.

Ed ecco che in questo eccesso spesso la comunicazione è riportata ad un livello zero, ad un continuo esprimersi attraverso un permanente ossimoro, che appiattisce e rallenta. E tutto diventa ‘ Panta Rei’, proprio come nella Moda.Lo stesso materiale tessile, nel suo essere ‘di Moda’ non è connesso solo all’abbigliamento, ma anche all’ arredamento, dato che abbiamo in questo settore, così come per il vestire, la risposta ad un bisogno, in questo caso rendere vivibile, cioè abitabile, uno spazio, che è dapprima, segno e significante sociale, oltre che espressione funzionale, decorativa, e artistica.

Per questo motivo è anche necessario riflettere sull’estetica contemporanea e sul cambiamento sociale in atto. Innanzitutto oggi la nostra cultura sta sempre più perdendo l’identità culturale legata ai Territori, ed avanza inconsapevolmente verso una ‘pan-cultura’ che tutto prende, macina e frammenta.

Persa l’unità dei passati valori sociali, la nostra realtà è sì aperta, ma priva di certezze, così come espresso da Bauman nella sua teoria sulla ‘società liquida’ e sull’identificazione sui nostri territori di quelle aree definite come dei ‘non luoghi’, spesso proprio all’interno di aree fortemente abitate.

Anche gli studi di Jean Baudrillard negli anni ’80 del novecento, già osservavano come l’Occidente attraverso il prodotto venda in realtà sé stesso, e possiamo affermare che proprio nel ‘prodotto Moda’ hanno avuto la piena conferma ed affermazione sociale.

D’altronde se una volta era determinante la stessa vicinanza/lontananza tra reperimento della materia prima e la sua lavorazione per la determinazione del prezzo di mercato, oggi la globalizzazione ha allungato così tanto la filiera produttiva, che è riuscita a sconvolgere quanto prima detto, grazie anche ad un minore costo dei trasporti.

La determinazione del prezzo di un prodotto è spesso oggi determinata non dal costo effettivo di questo, ma dal plusvalore ad esso attribuito attraverso sofisticate operazioni di marketing. Tali operazioni sono destinate a creare quel ‘bisogno’ nel consumatore che solo il possedere l’oggetto/ soggetto in questione può soddisfare.

La Moda in pratica soddisfa un bisogno indotto che è, in primis, proprio l’accesso ad una categoria sociale, l’appartenenza ad un gotha più o meno esclusivo, la condivisione di un mondo che si rappresenta, infine, attraverso le immagini pubblicitarie ed i Media.

Tuttavia la persistente crisi economica mondiale, visto il fallimento di una economia che guardava esclusivamente ad una macro impostazione di sistema, riesce necessariamente a dare una maggiore e sempre più fondamentale attenzione alle economie locali.

Bisognerebbe che queste fossero brave a trarre nuovi input, attraverso l’istituzione di micro filiere in grado di garantire da un lato la stessa tracciabilità delle produzioni, tracciabilità non solo geografica ma anche culturale, dall’altro salvaguardare tradizioni e vocazioni territoriali altrimenti destinate a scomparire, ingoiate da una produzione/pulsione di massa che guarda ad un consumo veloce e senza connotazioni culturali che ne sottolineino l’identità.

Inoltre le nuove sperimentazioni stanno radicalmente modificando la Moda attraverso i suoi materiali, sia strutturalmente che nella sua veste visiva. Se una volta il tessuto era ‘percepito’ come prodotto con cui ‘ornare’ il proprio corpo, e la scelta del tipo di tessuto usato nell’abbigliamento era significativo di appartenenza ad una determinata classe sociale o di un determinato ruolo nella stessa, oggi il tessuto sta interagendo sempre più con il nostro corpo, di cui è sempre più una sorta di estensione.

D’altronde come ampiamente verificabile dalla stessa cronaca, anche il nostro stesso corpo viene sempre più frequentemente modificato, e considerato esso stesso ‘tessuto’ da modificare, ‘vestimenta’ ed abito sociale, significante di Moda e di ‘mode’.

Una volta, con buona pace dell’igiene, essendo anche più difficile il lavaggio, gli abiti ed i tessili si ricevevano in eredità, e questo la dice lunga anche sul valore economico degli stessi. Bisognerebbe rifletterci oggi quando si parla del costo dei nostri capi di moda.

In realtà possiamo tranquillamente affermare che con la nascita del Sistema della Moda, di molto posteriore alla nascita della stessa, si è assistito anche ad una progressiva ed incontrovertibile democratizzazione del processo del vestirsi; tale processo ha avuto il suo apice con la nascita, negli anni Sessanta e Settanta, del pronto moda, detto anche prêt-à-porter.

La nascita del Pronto Moda ha infatti contribuito da un lato ad una operazione di massificazione della moda, da un altro ad una democratizzazione della stessa. Oggi tutti, giovani e meno giovani, ricchi e meno ricchi, possono accedere allo stesso guardaroba.

La Moda ha perso in parte il suo valore esclusivo, ecco allora questa salire dalla strada alla passerella, invertendo di fatto l’unico e vero e proprio tabù della moda, non più il designer, il couturier di moda come arbiter elegantiarum ma la strada stessa, cioè il consumatore, l’utente finale, in un fenomeno che ne consacra l’unicità.

E dobbiamo anche riflettere a come guardando alla attuale produzione europea questa abbia dovuto confrontarsi con il mercato che interessa prevalentemente le produzioni dei paesi terzi. Interessante è l’analisi espressa da Mario Boselli, già alcuni anni fa quando era Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana, a proposito delle delocalizzazioni.

Tale analisi sottolinea come le delocalizzazioni mirate avvengono da parte di imprese operanti nel Nord del mondo verso paesi competitivi del vicino Centro/Est europeo, del Nord Africa, del Sud e dell’Est asiatico; ma importante è rilevare come, pur perdendo la componente industriale manifatturiera, si tende a mantenere il centro decisionale, il controllo delle operazioni e i flussi dei prodotti in Europa.

Da qui si evince come le produzioni più alte, in termini di creatività, qualità, innovazione stilistica, risorse tecnologiche, siano rimaste ancora appannaggio di alcuni paesi europei, in particolare della Francia e dell’Italia, che hanno mantenuto una filiera produttiva prevalentemente europea con limitate deleghe produttive a paesi più o meno vicini, per alcune fasi della produzione.

Lecito chiedersi però fino a quando? Da un punto di vista produttivo la delocalizzazione attualmente comporta da una parte un abbassamento dei costi di produzione, da un altro una difficile riconversione dei settori in oggetto prima impiegati sul nostro territorio.

Inoltre già nell’ormai lontano 2009, anno internazionale delle fibre naturali, la FAO ha voluto attirare l’attenzione su queste e sulle possibilità di impiego che esse offrono, anche attraverso la ricerca e l’innovazione di settore.

Convegni e tavoli di lavoro hanno visto e vedono come protagonisti studiosi ed esperti di tutti i paesi coinvolti, tesi ad individuare nuove forme di collaborazione che, nel rispetto delle specifiche diversità, contribuiscano al progresso eco- nomico di tutti gli attori coinvolti del settore.  

In questi ultimi anni stiamo assistendo ad una ulteriore trasformazione del Mercato, e in maniera pericolosa per le nostre produzioni, anche per quanto concerne l’abilità di design e di tecnologia, infatti è in atto un salto di qualità da parte di quei paesi terzi, coinvolti in alcune fasi della filiera produttiva, che stanno rivolgendo la loro attenzione e tutti i loro sforzi a formare una nuova generazione di quadri, designer, tecnici, in grado in un prossimo futuro di rispondere a tutti gli aspetti della catena di produzione.

Segno di una naturale evoluzione dei tempi da un lato, ma indubbiamente anche un reale e serio pericolo per le nostre economie locali e nazionali. D’altronde siccome è un processo questo irreversibile possiamo solo rispondere attraverso la ricerca e l’innovazione da un lato, e la salvaguardia delle nostre tradizioni tessili dall’altra.Inoltre, essere più competitivi sul mercato non può e non deve significare un abbassamento dei costi in grado di generare solo un abbassamento qualitativo delle produzioni, ma deve invece significare un innalzamento dell’offerta in termini di performance qualitativa, di innovazione dei materiali e del design.


 

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