Se una fattispecie violenta viene definita dalla legge "reato", se la violenza è istigazione, propaganda di superiorità e discriminazione, tutto ciò può essere definito tranquillamente "libertà di opinione"? Cosa distingue la violenza verbale che attiva l’odio feroce dall'opinione e dalle idee? La distinzione è proprio nel pericolo concreto del compimento di atti violenti.
Se è solo dibattito, pluralismo, libertà delle scelte ed espressione di convincimenti non può esserci questo pericolo - perché è propriamente Agorà, la Piazza degli Uguali - se è odio, invece, tutto si restringe in un'unica dimensione in cui Io mi affermo e "l'altro" soccombe, soffre, annichilisce, muore. Tutto questo emerge da un’interpretazione sistematica e teleologica del ddl Zan.
E, proprio per questo, è una buona proposta di legge.
Non si tratta, quindi, di rappresentare gli interessi di questa o di quella categoria, né di moltiplicare il concetto di "minoranze"; a ben vedere, infatti, sono le condizioni profonde della Persona ad emergere e, in questo caso, il "reato" censura la ricaduta discriminatoria e ghettizzante di atti svilenti le condizioni più intime, le fragilità più scoperte e sensibili. E non è vero che è una norma inutile, che si poteva fare a meno. Perché non basta, e non è giusta, l'aggravante per "futili motivi" quando la violenza e l'istigazione prende di mira l'identità, la propria rappresentazione sociale, lo specchio delle nostre angosce fattesi aspetto, viso, processo di cambiamento e mutazione. Hanno ragione Peppe Provenzano (Vicesegretario PD) e Emanuele Felice (prof. di Politica Economica all'Università di Chieti-Pescara) quando, nel loro ultimo saggio pubblicato su Il Mulino - "Perché la Democrazia è in crisi?" - rilanciano sui diritti di "seconda generazione", quando ci dicono che i c.d. diritti civili sono, propriamente "diritti sociali", figli delle conquiste progressiste per il lavoro e per la dignità delle persone. Non esiste frattura tra benessere, crisi economica, diritti delle donne, dei diversamente abili o degli omosessuali e le battaglie per l'intervento perequativo pubblico nella distribuzione delle risorse o per la strutturazione di una Economia forte e solida! Le cose si tengono, stanno insieme o crollano insieme! Perché una Società non può dirsi giusta se riconosce la Cassa integrazione o salva un’Impresa in crisi mentre marginalizza le diversità, le bolla come ininfluenti, scaccia gli "inopportuni" dal consesso civile e tollera violenza, odio, respingimenti, comportamenti feroci. La libertà più importante, la libertà di una Società matura, davvero liberale e democratica, non è quella "cattivista" dell'assenza di impedimento alle "parole che feriscono e che armano" ma è, appunto, la libertà degli altri non solo di "sopravvivere" nascondendosi ma di vivere in pienezza di riconoscimento e tutele.