I manifesti della Onlus Prolife, affissi nelle vicinanze di tanti istituti scolastici reggini, sono la cosa più lontana dall'etica che si possa immaginare. Colpiscono tanto l'etica del singolo che quella pubblica. Perché? Perché gli obiettivi polemici e politici sono la "scelta" della donna (contro la quale si vorrebbe operasse un diktat esterno) e la "legge" dello Stato che non sancisce nessuna libertà d'aborto ma tutela la salute della donna (fisica e psichica) lasciando alla sua libera valutazione, nelle condizioni fissate dalla norma, il destino del proprio corpo e della propria gravidanza. La vera liberalizzazione dell'aborto è, invece, legata all'assenza della sua legalizzazione, i veri "anarchici" sono coloro che vorrebbero l'abrogazione della legge, coloro, appunto, che affermano "stop all'aborto" e che realmente vorrebbero dire "STOP ALLA 194”.
Senza la Legge 194 ciò che si afferma è l'aborto nascosto, terribile, senza tutele, oggetto di mercimonio, delle mammane e dei finti medici che lo hanno praticato da sempre. La Legge 194 ha estirpato questo fenomeno e gli aborti illegali sono praticamente scomparsi in Italia e, complessivamente, se ne è ridotto il numero totale, grazie alla cultura della prevenzione e al ruolo dei consultori. Non possiamo dire la stessa cosa, invece, per Stati come la Polonia dove un'indegna legge contro le donne ha sostanzialmente abrogato la possibilità legale di accesso all'interruzione di gravidanza, condannando il corpo delle donne all'oblio della sporcizia in un mondo sotterraneo che vive e si nutre di false coscienze e di obiezioni finte e interessate. Cosa c’è di "cristiano" nella imposizione violenta a tutti di una "morale" esclusiva? Può dirsi cristiano chi è pronto a giudicare una scelta tragica, relegandola al di fuori del "giuridico", limitandosi a condannarla moralisticamente, senza attenzione al caso singolo? DIRE CON QUESTI MANIFESTI "STOP ABORTO", SIGNIFICA SOSTANZIALMENTE QUESTO: CHIEDERE LA ABROGAZIONE DELLA LEGGE 194, USCIRE DALL'AMBITO DELLO STATO LAICO E PLURALISTA. La religione con tutto questo non c'entra nulla: c'entra il Potere che continua ad umiliare tutte le donne.
Se si nega, infatti, la "scelta" - la responsabilità individuale - si esce dall'ambito dell'etica per entrare in un contesto "autoritario". Bene ha fatto Il sindaco Giuseppe Falcomatà a parlare, in tal senso, di manifesti "violenti" e, a mio parere, ha fatto bene a disporne la rimozione. Seguirà un giudizio? Ben venga! Al di là della disquisizione sulla legittimità o meno del provvedimento, potrà essere anche quello il luogo per sollevare nuovamente la questione politica, sociale e civica della libertà delle donne, dell'autonomia dei loro spiriti e corpi.