Il gruppo regionale Dem calabrese - ma probabilmente ci sono analoghi tentativi "autonomistici" in altre realtà - vorrebbe annullare le diverse posizioni e diversità congressuali per giungere ad una mozione unica (https://calabria7.it/il-gruppo-regionale-del-pd-calabria-riunito-in-vista-del-congresso-nazionale/), con l'obiettivo di presentare a Roma un'unica voce dalla Calabria.
Mi sembra un'impostazione erronea.
In un congresso "costituente" di visioni politiche a confronto, infatti, spingere sull'unità legata solo all'appartenenza territoriale sembra riduttivo. Il Partito Democratico non ha bisogno, al proprio interno, di una sorta di "lega Sud" diretta da un Capo ma di riscoprire le fonti e di prefigurare gli sviluppi del progressismo, del socialismo europeo, del pensiero e della prassi dei Democratici.
Il confronto tra Schlein e Bonaccini è interessante anche per questo: perché attraverso il dibattito sulla Identità si possano trovare gli strumenti migliori per affrontare le ingiustizie della temperie in atto, per allargare sempre di più la base democratica e laburista del Partito "erede" delle maggiori tradizioni "popolari" italiane.
Chiudersi in Calabria su una finta posizione unitaria, riconoscendo e strutturando un'unica proposta da portare a Roma come sintesi personale - e di gruppo -, mi sembra tutt'altra cosa, mi sembra contraddire il significato proprio di Partito Democratico, che è in se' plurale.
Negli ultimi anni, è vero, si è tentato di "pacificare" il PD calabrese scoraggiando il dibattito sulle differenze, sminuendo il dissenso, relegando ai margini le posizioni autonome, superando le correnti in una corrente unica.
Non è un buon viatico per il Congresso nazionale, non è la migliore prospettiva per il Partito calabrese.
Sarebbe assurdo, infatti, che proprio dentro il PD si affermasse una sorta di indifferentismo tra Destra e Sinistra, una sorta di disattenzione per le offerte programmatiche e per il dibattito culturale in atto, un pregiudizio verso le diverse e plurali fonti politiche del nostro stare insieme, la negazione del valore Nazionale e Internazionale dell'essere Democratici; il tutto sacrificato - così sembrerebbe ad interpretare la presa di posizione del gruppo regionale Dem - per affermare una formazione "compatta" avverso un presunto partito "a trazione centro-nord", la cui affermazione retorica serve, evidentemente, a strutturare un identitarismo calabro-Dem nella realtà inesistente ma, se ben veicolato nel Congresso, sicuramente funzionale per rivendicare posizioni e riconoscimenti.
Contro questo personalismo, invece, tutto il Partito Democratico, come ha ben intuito Peppe Provenzano, avrebbe bisogno di un serio e articolato dibattito - innanzitutto nei Circoli e nei territori - su una rinnovata Carta dei Valori, su un moderno e attualizzato Centrosinistra che punti - nell'affermazione della Giustizia Sociale, della Libertà Eguale, del Lavoro, del recupero delle distanze tra Nord e Sud - ad unificare il Paese e non a contribuire a dividerlo.
E in questo contesto è auspicabile che il candidato Bonaccini abbia in qualche modo fatto i conti, sottoposto a critica, superato, il suo originale approccio positivo e favorevole a quel "regionalismo differenziato" che, in assenza di vera perequazione dei livelli di assistenza e di offerta pubblica di servizi e infrastrutture, rischia di favorire un'improvvida "secessione dei ricchi".