Venerdì, 06 Dicembre 2024

                                                                                                                                                                             

 

                                                                                                                                                                                                          

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IL MINISTRO SANGIULIANO HA COMMESSO REATI? TOCCA ALLA MAGISTRATURA ACCERTARLO

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Il Ministro Sangiuliano ha commesso reati ? Tocca alla Magistratura accertarlo.

Ha utilizzato per fini impropri soldi pubblici? Interverrà sul punto anche la Corte dei Conti. Ed allora, al momento, quale responsabilità emerge? Forse la più importante in una Democrazia:
la responsabilità Politica di fronte ai cittadini.
E' in qualche modo "colpevole" per avere una relazione sentimentale? Si "censura" la vita privata dell'uomo, una sua debolezza? I compagni di partito, i colleghi di Governo, dicono e vorrebbero questo: la buttano sul pruriginoso, sugli avversari che guardano dentro il buco della serratura; e' credibile?

Magari fosse così semplice e magari la responsabilità fosse solo quella del povero ministro; ormai, infatti, e' coinvolta politicamente anche la Presidente del Consiglio, tutto il Governo, l'intera maggioranza parlamentare che tende a nascondere la polvere sotto il tappeto, fidandosi dell'assenza di anticorpi politici nei cittadini, abituati per troppo tempo, purtroppo, ad essere sballottati tra gli estremi del giustizialismo ideologico e dell'impunità di casta.

A risolvere la questione, a ben vedere, non servono ne' giudici, ne' censori, ne' facili e interessati assolutori ... basta l'esempio di Aldo Moro, l'immagine di una vecchia foto di vita reale.
Anche il quotidiano l'Avvenire, due giorni fa, ha rievocato la foto di cui parlo, quella - celebre - di Moro in giacca e cravatta sulla spiaggia con la figlia.

Basta questa foto, infatti, a spiegare tutto, ad indicare la via di soluzione all'impasse. Non c'entra il moralismo, non c'entra la retorica, non c'entra il passato che non ritorna più. Anche i tempi nuovi, infatti, sono sottoposti alle stesse regole di cinquant'anni fa: la Repubblica e' la stessa, identica e' la Costituzione, sempre attiva quella "forza costituente" che mantiene viva una Legge Fondativa che e' molto di più di in documento. Uno dei problemi della temperie, probabilmente, e' che il mondo politico, i riferimenti culturali, l'apparenza identitaria di Sangiuliano e della Meloni hanno scarsa pratica con quella "forza costituente", con la Magna Carta dell'Italia antifascista.

Ed allora, ecco il punto: Il ministro della cultura pro tempore, nell' esercizio delle sue funzioni, ha commesso una serie di passi falsi che hanno compromesso la sicurezza, la serietà, la riservatezza del ruolo pubblico apicale rivestito.

Il ministro ha messo in difficoltà gli Uffici di diretta collaborazione predisponendo atti di competenza, in particolare nomine per incarichi pubblici, trasmettendoli ai soggetti coinvolti, per poi non protocollarli, ritirandoli in sordina.

Il ministro ha utilizzato il mezzo televisivo pubblico, in assenza di contraddittorio, per giustificazioni che andrebbero rese nella sede opportuna, il Parlamento.
La Presidente del Consiglio ha respinto le dimissioni presentate dal ministro, derubricando l'affaire a questione privata, negando ciò che e' evidente a tutti: il rilievo pubblico di quanto successo, il coinvolgimento diretto - in un contesto ormai chiaro di assenza di libertà e di tranquillità d'azione (si potrebbe parlare anche di "ricatto") - di un ministro della Repubblica.

Emerge, inoltre, il palese tradimento - cosa non di poco conto in un sistema politico che si fonda sulla fiducia dei cittadini espressa attraverso il voto libero che si misura nel confronto tra programmi, visioni, ideali, culture, prospettive in contrapposizione dialettica tra loro - degli stessi presupposti politico - ideologici del ministro Sangiuliano: come si può, infatti, rappresentare politicamente il mondo "Conservatore", come si puo' lavorare nelle Istituzioni per affermare - così come deciso dalla maggioranza degli elettori - un'ispirazione culturale legata al culto delle tradizioni e della famiglia come nucleo originario della societa', quando si decide di comparire in TV e confessare mediaticamente il tradimento della propria moglie, il disfacimento della propria famiglia, solo per tentare, chissà come, di salvare il posto di lavoro?

La Meloni ha sbagliato, la Meloni si rifugia pavidamente dietro l'assenza, al momento, di fatti penalmente rilevanti, la Meloni fa finta di non conoscere l'art. 54 della nostra Costituzione e spera che anche i cittadini - dopo innumerevoli anni di obnubilazione collettiva circa i compiti essenziali dei politici - lo abbiano ormai consegnato all'oblio.
Bene, ai sensi dell'art. 54 Cost., secondo comma, "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore".

A questa disciplina e a questo onore il ministro San Giuliano e' venuto meno e per questo, solo per questo, dovrebbe lasciare la sua attuale Poltrona. A questa schietta intransigenza della norma costituzionale fa da contraltare, tra l'altro, la sincerità - propria dell'inconsapevole - del compagno di partito, amico di famiglia e testimone di nozze del ministro della cultura, il senatore Maurizio Gasparri, secondo il quale Sangiuliano non dovrebbe mollare, non dovrebbe dimettersi per non rischiare, dopo, un _tracollo psicologico_.

In questo ultimo passaggio si palesa plasticamente la distanza culturale tra il Moro della foto sulla spiaggia e gli esponenti della Destra attuale; la distanza non solo tra due epoche ma tra la Politica e una brutta copia pseudo tale: da una parte il "privato" dell'uomo di Stato che deve avere una dignità sempre "politica" e, dall'altra, un ruolo "politico" al servizio delle mire, delle esigenze, delle ragioni del proprio "privato". Nel primo caso emerge l'Istituzione e lo Stato di Diritto, nel secondo l'esercizio arbitrario e rozzo del Potere ... da avvinghiare stretto fin che dura.


 

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