Va analizzato seriamente l'ultimo intervento in Consiglio Comunale di Giuseppe Marino per il PD. Emerge tutta la complessità del momento, lo sforzo dell'analisi, lo sprone per l'azione amministrativa. Ovviamente, i problemi di Reggio trascendono di molto la questione "Castorina" oggi come quella "Ripepi" pochi giorni fa. Le questioni giudiziarie dei singoli che investono la politica - lo ha detto Marino - vanno risolte con gli strumenti dell'Ordinamento e con le norme interne di Partito (almeno nei casi in cui esista un Partito e non solo aggregati di Potere). Ed in effetti così è avvenuto dopo l'emersione dello scandalo delle tessere elettorali manipolate: sospensione ex lege "Severino", sospensione per "codice etico" del PD dagli incarichi di partito. Poi, su tutto, debbono prevalere le regole e i tempi del "giusto processo", nulla può essere sottratto alla centralità del dibattimento e ogni "definitività" della condanna deve seguire all'accertamento in contraddittorio e non agli istinti immediati di "piazza" né, tantomeno, alle esigenze strumentali dell'altra parte politica. E come non stigmatizzare - pure questo hanno fatto i consiglieri PD - l'Aventino stucchevole e finto di chi non ha mai aperto bocca sulle inchieste per ndrangheta in Regione, per lo Scioglimento di Mafia a Reggio, per l'intreccio davvero lesivo nel "consenso" tra politica e servizio ecclesiastico di un Ministro di Culto (papa o papà poco importa), e che ora - sepolcri imbiancati - si stracciano le vesti per minacciare dimissioni senza, però, rassegnarle davvero. E la cosa va approfondita bene: dai primi atti d'indagine sul "caso Castorina" non emerge un "Sistema", non c’è la pervasività di un'intelligenza occulta, non c’è l'Antistato all'opera, c’è la fattispecie criminale che riguarda persone e carriere, aspettative e spregiudicatezza e le prime vittime - va rivendicato - sono il PD, il Sindaco Falcomatà, la cui vittoria elettorale - così ampia e condivisa - non può essere oscurata dai sodali di Salvini/Meloni & Co. a caccia di una bella rivincita/scorciatoia giudiziaria. E questi, va ricordato, sono quelli del garantismo peloso, del garantismo utile come retorica per i problemi casalinghi (Berlusconi docet). Tutto bene quindi? E no, Per nulla! Perché il vero problema in cui si dimena la politica reggina non è quello "morale" (che per natura riguarda i singoli), né quello meramente giudiziario (per la questione Castorina siamo solo alle indagini) e neppure il dilemma "dimissioni" sì o dimissioni no (nel frattempo è intervenuta una surroga di valore a tutelare il sistema) ma è il problema - gravissimo - dei partiti, della loro vita interna e, quindi, della selezione della classe dirigente. E questo per il Partito Democratico deve diventare questione dirimente, esistenziale! Ci vogliono organi interni nella pienezza del ruolo statutario, ci vuole la centralità degli iscritti nella determinazione della volontà del Partito, si deve riconoscere il ruolo importantissimo dei Circoli e dei territori. Non bastano i commissari, non serve aderire o meno alle considerazioni di Oddati (commissario PD per il sud) che consiglia dimissioni o passi indietro. Non serve perché ogni posizione estemporanea è monca se non è frutto di una riflessione comunitaria, di un dibattito serio che generi sintesi e responsabilità condivisa di fronte alla cittadinanza.
È così che funziona un partito! Marino ha fatto bene a sottolineare - in consiglio - l'unità di intenti del gruppo consiliare ma, purtroppo, nel richiamare la posizione di Oddati (per la quale ha chiarito, in questa fase, la sovranità della scelta di Castorina) non ha potuto richiamare l'unità d'intenti della Comunità Democratica, l'esito della discussione interna, il coinvolgimento dei circoli, l'emersione di una prospettiva condivisa a tutela della Città. Tutto questo, purtroppo, è mancato ed è grave! Nel PD reggino non si dovrebbero legittimare passaggi di questo tipo senza un dialogo di "federazione" e di sezione, senza la voce della "base" costretta, così, solo a subire attonita l'onta dell'affronto alla sacralità del singolo voto. I democratici dello Stretto hanno affrontato un'elezione comunale senza strutture definite, hanno offerto corpo e anima senza riunioni collettive e strategiche, hanno subìto tutta una gara interna al voto in più, proprio per l'assenza di regole precise di comunità che discriminassero - per merito, impegno, dedizione al gruppo - onori, oneri, ruoli.
Ora, il rischio è che questo si riproponga per le elezioni regionali. E se agli altri ciò non importa, se per gli altri va bene così, per il Partito Democratico non può funzionare in tal modo, ne va in gioco l'essenza stessa del Centrosinistra e dell'istanza riformista. Oltre al "codice etico", il PD ha anche uno "Statuto democratico", si torni radicalmente ad esso, si parta dai territori e dalle tante forme di auto organizzazione dei circoli metropolitani, si strutturino luoghi plurali di confronto e decisione, si responsabilizzi compiutamente chi ha il compito della sintesi. Fatto questo, tutti i "sintomi" di una infezione in corso verranno meno, allontanando corpi estranei e personalismi settari. È la democrazia, che genera i valori costituzionali e repubblicani nelle regole e nel Diritto, il vaccino del Partito Democratico reggino da somministrare nel corso del 2021.