Il recente lockdown, la perenne crisi sanitaria, una politica regionale incapace financo di spendere i soldi stanziati dallo Stato, le mezze verità sulla condizione degli ospedali e sulle terapie intensive, lo confermano ancora una volta:
In Calabria la democrazia rappresentativa funziona benissimo!
Ecco perché non è possibile (e che Dio ce ne guardi!) una rivoluzione di massa “dal basso”.
In Calabria, infatti, non esiste un bubbone malato – il cancro burocratico e politico – estraneo e indipendente da una Società civile succube e vittima; non esiste un Potere autoritario e vampiresco ontologicamente avulso e estraneo alle logiche “diverse” e nobili di un Popolo sano ma concusso.
In Calabria non c’è una dittatura, i politici non si sono auto-nominati, lo status quo non è imposto con la violenza.
L’eterno tira a campare, l’immobilismo “estremo” assurto a regola di vita, l’arricchimento per i soliti noti e il “contentino” per la massa, è stato “votato”, è il frutto del consenso elettorale!
La Rappresentanza in essere è, dunque, una delega politica “propria”, prossima, solidale, complice: stesse facce, stessa razza!
Una moltitudine di calabresi -di reggini- è abituata a vendersi il voto, a elemosinare la benevolenza dei potenti, ad affollare quotidianamente i palazzi del Potere e i loro occupanti pro tempore, per ottenere -per sé e i propri familiari- favori, prebende, posti di lavoro, sicurezza sociale.
Dal caso piccolo a quello grande, noi calabresi siamo maestri nel cercare gli amici e gli amici degli amici per ottenere servizi e diritti; li abbiamo anzi definitivamente snaturati i “diritti di cittadinanza” per tramutarli in “doni” da distribuire con artifici e raggiri, “eccezioni” extra ordinem che premiano una furbizia prona agli interessi degli uguali più uguali degli altri.
Ci si meraviglia –solo oggi, in mezzo ai marosi del Covid- di una Politica locale incapace, ciarliera e inconcludente, di amministratori con stipendi da nababbi, buoni solo a raccogliere voti e ad inquinare il consenso libero - d’opinione - pretendendo dal pater familias l’imposizione a tutti i livelli dell’intesa collettiva - di clan - che svilisce l’individuo e le sue libertà.
Una minoranza consistente è pur vero, attonita, resiste!
Sono i classici perdenti, sono “chi ci crede davvero”, coloro affrontano le campagne elettorali con impegno e onore, senza elemosinare o intimidire, coloro che offrono competenza e spirito di sacrificio per la collettività, sono gli sconfitti del Sistema.
Sono, anche, la minoranza fattiva che dà vita alle associazioni meritevoli, a un volontariato concreto e operoso, allo spirito di servizio di una cooperazione davvero mutualistica, al servizio di corpi intermedi solidi e strutturati che, in fondo, rappresentano la spinta sociale di comunità e davvero etica che sta evitando, miracolosamente, l’abisso dello scatafascio definitivo!
Non sono, purtroppo, tutti i giovani!
Perché, occorre rassegnarsi, tanti, troppi giovani faccendieri rampanti -senza arte né parte- che si avvicinano e affollano l’anticamera della Politica calabrese che conta, hanno ben introitato la lezione dei padri nefasti e continuano ad osservare il Popolo -la gente- come una riserva di voti allo stato brado, come mandria di stolidi cui succhiare potere, carriere, denaro.
C’è speranza? No, non c’è speranza!
Non esiste una Speranza oggettiva e alla portata di una fede sincera nel bene della Cosa Pubblica.
Esiste solo la Speranza soggettiva incarnata nel lievito e nel sale dei “pochi” che, paradossalmente -Spes contra Spem- continuano a darsi da fare, a lottare - indefessi e non riconosciuti- nei posti di lavoro, negli ospedali, nelle professioni, dando lustro ad una Storia Eterna mortificata da troppo tempo a causa di un meccanismo “democratico” di formazione e reiterazione d’una élite ricca di consenso che traduce -a tutti i livelli- la stessa logica perversa condivisa da potenti e schiavi, dagli sfruttatori quanto dagli sfruttati.
Un esempio tra i tanti? Eccolo servito:
Dopo un ingiustificato ritardo, la cassa integrazione del primo lockdown è infine arrivata nei conti correnti dei lavoratori calabresi per i mesi, quindi, in cui le aziende sono state chiuse e lo stesso avverrà –si spera con meno attesa- per la seconda ondata pandemica.
Ora, perché in Calabria -a prescindere dai tempi lunghi dell’INPS- il meccanismo di ristoro non ha funzionato per nulla?
Perché invece di generare un riequilibrio di Stato che –nel resto della Nazione– ha contribuito a “salvare” i posti di lavoro, ha invece prodotto -alle nostre latitudini- nuova povertà, nuovo bisogno, nuovo ricorso ai prestiti a strozzo, alla schiavitù del favore?
Perché nei bar, nelle pizzerie, nei pub, nel commercio e nei servizi privati, dietro i lustrini di tante, di troppe “saracinesche” calabresi e reggine, vige lo scandalo istituzionalizzato del lavoro nero e del lavoro grigio.
Tanti, troppi lavoratori non rientrano nelle statistiche dei tutelati, non sono conosciuti all’INPS, affollano il mondo oscuro di una ricca economia sommersa che ingrassa i soliti e che ammazza il territorio condannandolo ad un’economia di sussistenza.
E poi c’è, in aggiunta, un livello grigio non meno mortificante:
I tanti part time fasulli, le commesse “registrate” 4 ore al giorno e schiavizzate per 12, gli addetti alle cucine “formalizzati” a tre ore che sgobbano anche la notte.
Gente cui è stata ammazzata la coscienza e la dignità: i dannati che incassano 1000,00 euro in busta paga e che ne restituiscono 500,00.
Questi lavoratori hanno ricevuto, e riceveranno, una cassa integrazione da fame, rapportata alla contribuzione denunciata per le poche ore settimanali dichiarate.
Come potranno campare le famiglie con 250 euro mensili di sussidio? A chi si dovranno rivolgere per tirare avanti?
A chi dovranno ancora cedere onore e futuro?
Agli stessi che devono “ringraziare” quotidianamente per il posto di lavoro, agli stessi che all’entrata in azienda gli hanno imposto di non iscriversi al sindacato, agli stessi che gli ingiungono di non rispondere alle domande e alle istruttorie degli Ispettori del Lavoro.
E i lavoratori -lo faremmo forse tutti una volta ingoiato il rospo– risponderanno ancora una volta di Sì, accetteranno il patto leonino, otterranno la miseria necessaria a sopravvivere.
È così che il Sistema riproduce se stesso, è così che la Democrazia calabrese (del consenso omertoso e complice) funziona benissimo!