Che Mario Olivero, Nicola Adamo, Enza Bruno Bossio abbiano commesso errori politici è un fatto abbastanza oggettivo che appartiene alle analisi del dibattito pubblico e al senso comune di una sinistra calabrese morente, ridotta a una sorta di palio di monatti grazie anche all’ignavia opportunistica del segretario nazionale del Pd Zingaretti.
Che Mario Oliverio, Nicola Adamo, Enza Bruno Bossio siano stati prosciolti in un processo dopo essere stati consegnati ad una colonna infame che ha privato molti calabresi (non penso fossero la maggioranza ma i magistrati hanno impedito la verifica democratica del dato) del diritto a sostenere la ricandidatura al governo regionale del presidente uscente è fatto gravissimo da parte dell’inquirente. Inquieta che il magistrato si chiami Nicola Gratteri e che questo metta a repentaglio la sua presunta infallibilità, dato omesso dalla sua tifoseria giornalistica e social. Infatti, Il Fatto quotidiano dopo decine di titoli in prima pagina che hanno messo fuori gioco politicamente Oliverio ha dato notizia del proscioglimento in tredicesima pagina risolvendo tutto con una breve di cronaca.
Non sono fatti isolati. A Melfi, città culla di Diritto per avervi visto nascere le Costituzioni di Federico II, tre anni fa si vide l’amministrazione comunale accusata di mafia nella scarsamente mafiosa Basilicata, con prove molto indiziarie che condussero all’esilio forzato come quello di Oliverio il sindaco Valvano e il presidente del consiglio comunale Simonetti per ordinanza giudiziaria su quei modelli che ormai abbiamo imparato a conoscere. Non è mancata una Commissione d’inchiesta inviata in Municipio dal Viminale che per mesi ha analizzato migliaia di documenti che hanno paralizzato la vita amministrativa della città lucana. Fatti giudiziari e commissione d’accesso hanno prodotto un bel nulla.
Finché la politica sarà succube e prona alla magistratura priva di ogni dubbio, non vi potrà essere convivenza civile e democratica. E il Meridione continuerà ad essere irrisolvibile Questione.